Estremismo islamista e mancanza di integrazione nelle società europee
In ottobre dello scorso anno, dopo l’attacco di Israele a Gaza, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che, secondo i servizi francesi, il terrorismo islamista rappresenta una minaccia crescente per l’Europa. Una parte significativa della popolazione musulmana in Europa ha sostenuto l’attacco di Hamas a Israele, e un attacco terroristico, meno intenso rispetto a quello del 2016, è stato effettuato a Bruxelles. Questo ci porta al tema del terrorismo islamista.
Il terrorismo, derivato dal latino terrere (spaventare), è l’uso organizzato della violenza o della minaccia di violenza per raggiungere obiettivi politici. Solitamente, le vittime sono civili innocenti. Il fine di un atto terroristico è quello di generare paura collettiva. Dal 1979 assistiamo alla quarta ondata del cosiddetto terrorismo religioso.
Gli attacchi terroristici degli ultimi dieci anni, da Parigi e Vienna a Nizza e Bruxelles, sono stati compiuti da esponenti del radicalismo islamista. Molti dei responsabili di questi attacchi sono membri della terza o quarta generazione di immigrati, non integrati nei paesi in cui vivono e che non si identificano con la cultura e i costumi locali.
Le radici del terrorismo islamista: dalla radicalizzazione alla violenza
Uno dei problemi principali della migrazione di massa in Europa è che chi ha aperto le frontiere non ha previsto le conseguenze. Non ci si aspettava che alcuni immigrati portassero con sé valori religiosi e sociali che avrebbero reso difficile l’integrazione nelle società europee. Inoltre, non si è previsto che un aumento della migrazione avrebbe comportato un incremento dell’antisemitismo e della violenza contro le comunità LGBT, né che la blasfemia musulmana sarebbe diventata una delle principali questioni culturali e di sicurezza in Europa nel XXI secolo.
In molti casi, imam operanti in prigioni, ospedali, moschee e scuole sono stati responsabili della diffusione di ideologie radicali, impedendo l’integrazione degli immigrati e promuovendo uno scontro con la cultura europea. Questi leader religiosi hanno favorito la creazione di ghetti e no-go zones, dove gli immigrati vivono secondo le regole dei loro paesi d’origine, parlano la loro lingua e rifiutano di integrarsi.
Queste zone, fuori dal controllo delle forze dell’ordine, sono terreno fertile per la crescita del radicalismo e la pianificazione di attacchi terroristici. Oltre a ciò, le politiche interventiste dei paesi occidentali in Medio Oriente e Nord Africa hanno contribuito alla diffusione del terrorismo islamista, insieme alla promozione della migrazione da parte di influenti attori globali.
Francia: un esempio di terrorismo e integrazione fallita
Secondo Fondapol, un think tank francese, tra il 1979 e il maggio 2021 ci sono stati almeno 48.035 attacchi terroristici islamisti nel mondo, con oltre 210.138 morti. La Francia, con 82 attacchi e 332 morti, è il paese dell’Unione Europea più colpito dal terrorismo islamista. Questi dati evidenziano il crescente pericolo rappresentato dall’Islam radicale, una questione che i servizi di intelligence europei devono affrontare urgentemente.
In Francia esistono numerose no-go zones, aree urbane sensibili in cui la criminalità e la violenza dominano e le forze dell’ordine entrano solo in casi eccezionali. Fox News ha riportato che queste zone sono terreno fertile per il radicalismo, con un numero stimato di 5 milioni di persone, per lo più musulmane, che vi risiedono. In alcune di queste zone, la legge islamica ha di fatto sostituito quella francese in ambiti come le dispute patrimoniali e i divorzi.
Queste aree sono geograficamente parte della Francia, ma hanno perso ogni legame con l’identità francese o europea. Se l’Europa non cambia drasticamente il suo approccio alla migrazione, scenari simili potrebbero verificarsi in tutto il continente.